Capovolgimenti...

Capovolgimenti...
Per leggere le cose occorre rovesciare lo sguardo!

giovedì 28 ottobre 2010

"Ragionevoli dubbi", di Gianrico Carofiglio, Ed. Sellerio


Una bella storia di avvocati e inquisiti: ma la faccenda non è semplicissima, perchè l'avvocato Guerrieri, protagonista dell'intera trilogia, lasciato da poco dalla sua donna, si trova davanti a due strane realtà...
Il suo cliente è niente di meno che un ex giovinastro di estrema destra, amico di un altro tale che ai tempi aveva pestato ben bene il nostro avvocato, ragazzino di diversa estrazione politica, e forse più piccolo di statura! Ora si trova accusato di spaccio, ma...l'avvocato, malgrado l'antica inimicizia, intravede elementi per pensare che in verità egli sia vittima di un raggiro da parte di spacciatori internazionali...
La seconda cosa strana è che la moglie dell'imputato...è una bella giapponese, colei che cerca personalmente l'avvocato, che sa, per sentito dire, essere bravo... Ma anche colei che affascina il Guerrieri, al punto che...
Una bella storia, perchè la vittoria è nelle mani di chi è più onesto: vince la verità e vince la pulizia. Bravo l'avvocato, che sa andare decisamente oltre le "leggi non scritte" della categoria, oltre le mozioni di vecchi rancori, e suo malgrado anche oltre la forza dell'attrazione...per amore di una rettitudine che comunque paga. Al di là di qualche deroga alla regola...

"La masseria delle Allodole", di Antonia Arslan, BUR

Che cosa racconta questa storia? (dalle interviste a RadioVoce...vedi sotto il riferimento...)


“La Masseria delle Allodole” è la storia vera di una famiglia armena, che conduce una vita agiata e serena nella Turchia del primo ‘900, proprio attorno alla “masseria” cosiddetta “delle allodole”: sarà qui che avrà inizio il violento eccidio dei maschi della famiglia, e anche il lento pellegrinaggio verso la morte delle donne e dei bambini, oggetto della persecuzione diventata sistematica da parte dei Turchi.
Tutto è narrato attraverso lo sguardo sofferto di Antonia, la bambina che ha potuto solo attraverso i racconti conoscere quanto la sua famiglia di origine aveva subito e vissuto nei decenni precedenti. E’ proprio tale rilettura che porta i fatti ad essere come trasfigurati, avvolti in una aria di sogno fantastico e talora di incubo allucinato, soprattutto nella seconda parte del romanzo.

La storia degli armeni è complessa…

Sì, minoranza cristiana in terra turca, una volta salito al potere il partito dei Giovani Turchi che intendeva dare alla Turchia una forte omologazione religiosa e culturale in senso islamico, sono stati quasi improvvisamente allontanati dalle loro abitazioni. I maschi uccisi e le donne e i bambini deportati verso improbabili luoghi di raccolta. Più che altro verso il deserto e verso la morte per fame, per malattia e sotto i colpi e la violenza dei soldati che li “accompagnavano” nel viaggio mortale. Fu il primo genocidio del secolo, 1 milione e mezzo di morti.

Che cosa si propone l’Autrice?

L’Autrice, che da bambina ha potuto cogliere dallo zio i frammenti di una felicità perduta e di una storia dolorosa, intende non dimenticare: non dimenticare anzitutto una cultura, così ricca e preziosa come quella armena; poi non dimenticare un passato felice, in cui la sua gente godeva di rispetto, aveva una posizione e una cultura elevata, gioiva della fecondità di famiglie numerose e gaie. Infine non dimenticare la modalità crudele e disumana con cui questo, come gli altri genocidi, si è consumato. Nel silenzio impotente di chi vedeva, nel silenzio affamato di chi moriva nel cammino, nei tentativi disperati di chi cercava di aiutare…

I protagonisti chi sono?

Nella prima parte c’è un personaggio dominante, lo zio Sempad, di cui si descrive il carattere vitale e di cui si racconta la vicenda fino all’epilogo. Nella seconda parte invece protagonista è una donna, Shushanig, la moglie di Sempad. Il libro è in realtà una storia di donne, di eroine: è infatti grazie al loro disperato attaccamento alla vita e soprattutto alla vita di coloro che amano, che riescono a condurre qualcuno vivo al termine del viaggio. In particolare va sottolineato l’atto eroico di Azniv, la zia, sorella di Sempad, che in ultimo, comprendendo che tutto è perduto, si offre vittima di una situazione per lei già gravemente compromessa. Sono le donne ad aver portato in salvo l’Armenia: le uniche non uccise subito a colpi di sciabola, ma uccise dentro da stupri e fame, eppure costantemente coraggiose.

Mi piace suggerire una pagina che riguarda il misterioso legame che si mantiene tra Sempad e sua moglie anche quando lui è già morto da tempo, e in modo così violento. Sono pagine estremamente dolci e dolorose insieme.... pp. 153-154.

Invio al link della radio:
www.radiovoce.it 
nel podcast relativo a La Buona Novella "Letture per lo spirito" potrete ascoltare l'intervista e la lettura delle pagine suggerite...




"Savanè. Bambine soldato in Costa D’Avorio" a cura di Damiano Rizzi-Massimo Zaurrini, Ed. Infinito

DA UN'INTERVISTA A RADIOVOCE...

Che cosa significa Savanè?

Savanè è il nome di una ragazza: di una bambina-soldato la cui storia è raccolta in questo libro, il primo ad affrontare in Italia il tema delle bambine-soldato. E’ frutto del lavoro di un giornalista e del Presidente dell’Associazione Onlus Soleterre, che ha promosso anni fa il progetto: Ho smesso di fare il soldato, per il recupero delle bambine-soldato in Costa D’avorio.

Che storie vengono narrate?

Storie di coloro che partono bambine da casa, più o meno forzosamente, e tornano – se tornano – donne senza più dignità: violentate, vendute, costrette a usare la violenza per essere qualcuno, a dimenticarsi la loro “anima” femminile. Il rito di iniziazione prevede che riescano a sventrare una donna incinta…
Tornano – se tornano – con figli non voluti, corpi ancora bambini ma già vecchi e segnati.

Come viene proposto il recupero?

Il primo recupero è psicologico, nel tentativo di aiutare a buttare fuori il male introiettato, di sanare quello che è possibile nel cuore. Le ragazze fanno fatica a dormire, sono tormentate da incubi, sono ancora dipendenti dalla droga, non hanno relazioni significative: i soldati che le hanno messe incinte sono altrettanto disturbati e non affidabili…
Poi c’è un recupero della famiglia: la ricerca delle radici, di chi è rimasto, per poter riaffidare le ragazze a qualche parente, o almeno creare dei contatti, ricostruire una storia, un luogo.
Infine c’è il recupero dal punto di vista lavorativo: i soldati hanno imparato solo ad uccidere. Non sanno fare alcun lavoro. Vengono perciò creati dei laboratori che insegnino attività manuali che possano permettere un minimo di sussistenza e di autonomia.

E Savanè, che storia ha avuto?

Savanè ha visto ucciderle il fratello sotto gli occhi, a sangue freddo, in casa. Promette a se stessa che lo avrebbe vendicato: tutto ciò che segue è il suo freddo progetto di morte contro colui che deve scovare e poi ammazzare. Così sarà. Si arruola volontariamente e un giorno troverà la sua vittima. Ma la vendetta non servirà: Savanè si ritrova nel campo militare peggio di prima, comincia a drogarsi, trova un compagno che la mette incinta e cerca di abortire più volte senza successo.
Solo quando i funzionari dell’ONU e alcune religiose entrano nel campo per stilare la lista dei minori, lei si rende conto di ciò che è diventata e decide di cambiare. Anzi sarà proprio la bambina che porta in grembo a darle un segno di vita…

Il seguito della storia... a pp. 24-25...

domenica 24 ottobre 2010

"Trattato di funambolismo", Philippe Petit, ed. Ponte alle Grazie, 2009

DA UN INTERVISTA A RADIOVOCE.....

Che cosa ci proponi oggi, un “trattato” di funambolismo?!

Trattato di funambolismo
Sì, l’Autore in verità è un funambolo di fama mondiale, che scrive dettagli tecnici su come si prepara il filo, come ci si sale e ci si muove. Da questo punto di vista è un trattato. Tuttavia, data la caratteristica assolutamente originale e “sopra le righe” di Philippe Petit, il suo trattato - scritto anche per chi si accinge a voler intraprendere questa strana carriera - è una serie di utili e profonde considerazioni che ben si applicano anche alla vita!

Perché? Che cosa dice?

Invita, di fatto, a vivere anche l’esistenza come funamboli: con coraggio (quello che serve a salire sul filo), con fierezza (quella che si sviluppa di fronte a chi scrolla la testa e dice: è pazzo), con arditezza (osando cioè oltrepassare i confini del dovuto, del “si fa così”), e poi con molta pazienza, con meticolosità: la vita è talmente densa che la fretta non ci aiuterebbe a viverla.

Il tono del libro com’è?

Dai trattati ci si aspetta pesantezza: qui invece ci accoglie la leggerezza. Un funambolo, del resto, non può che essere leggerissimo. Leggero fisicamente, ma anche nell’anima: è tale leggerezza che gli permette di camminare…

In che senso?

Petit dice che il segreto del camminare sul filo è guardare verso il fondo del filo stesso, cioè l’orizzonte. E’ questa la leggerezza cui mi riferisco anche per la vita: chi guarda le proprie scarpe prima o poi perde il senso di dove cammina, chi teme prima o poi si sbilancia e cade. Chi guarda l’orizzonte invece non dà peso ai particolari del tracciato, ma va oltre. E’ attratto là!

L’Autore mette in pericolo la vita così?

L’Autore afferma di non credere in niente. Ma a mio avviso mostra un suo modo di credere nella bellezza della vita, che egli sceglie di vivere in modo tanto intenso da metterla in pericolo. Sfida lo spazio e sfida anche la bellezza degli attraversamenti che fa (sopra laghi, tra le guglie di cattedrali, tra le Twin Towers ora distrutte, ecc.), vivendo anche momenti di magica contemplazione, estasi, unite a silenzi carichi di domande.

Una pagina?
Suggerisco le pp. 73-4. "Solo sul filo".
E poi, andate a vedere il link: è lui! Tra le (ora non più) Twin Towers....